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Luglio 2009

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FORUM AMBIENTALE CONS.A.R.
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NEWS AMBIENTALI

27 Luglio 2009 - International Environmental Ship Index

Su incarico dei principali porti del Nord Europa, quali, Rotterdam, Anversa, Amburgo, Brema e Le Havre, la CE Delft ha presentato un rapporto nel gennaio 2009 nel quale presenta una proposta di Indice ambientale internazionale delle navi ovvero"International Environmental Ship Index-ESI: Air Pollutants and CO2". Tale indice mira ad individuare le navi che vanno al di là delle tecnologie medie disponibili nella riduzione delle emissioni atmosferiche.

Tale indice consentirebbe ai porti di fornire su base volontaria degli incentivi (riduzione delle tariffe portuali) al fine di facilitare l'introduzione di nuove tecniche pulite ed efficienti a bordo delle navi. L'iniziativa è stata resa nota attraverso l'associazione mondiale dei porti "International Association of Ports and Harbours (IAPH)".

Tuttavia l'armamento europeo ha ribadito che le discussioni in ambito internazionale sono al momento inquadrate in sede IMO, unica organizzazione designata a trattare l'argomento (Energy Efficiency Design Index (EEDI) e, pertanto, occorre evitare lo sviluppo di standard paralleli. Tale approccio è stato condiviso dall'ICS che ha già precisato in ambito IMO che tali strumenti di tipo EEOI o ESI sono in realtà solo indicatori di consumo di carburante in alcune circostanze, esprimendo così la sua contrarietà ad eventuali "bonus portuali" stabiliti da differenti strumenti in base a formule diverse.

Nel frattempo, i porti dell'area Amburgo- Le Havre sopra citati hanno già organizzato una serie di test ESI in base a un questionario indirizzato alle compagnie marittime per un' attuazione programmata nel 2010.

La Segreteria ECSA ha informato l'ESPO che al momento l'argomento non è stato oggetto di una riflessione approfondita negli appositi gruppi di lavoro dell'associazione.
Circolare Confitarma


21 Luglio 2009 - Svolta verde a metà per lo shipping
Una piccola intesa ha chiuso venerdì scorso la riunione londinese dell'IMO, l'agenzia ONU per il mare. Via libera al patto - da sottoscrivere su base volontaria - per il taglio delle emissioni delle navi, ma secondo i gruppi ambientalisti si tratta di ben poco, assolutamente meno di quanto serva. Allo studio, in vista del vertice di Copenaghen, anche alcune misure per ridurre le emissioni basate su logiche di mercato, come il mercato delle emissioni e tasse sui carburanti. Una strada che l'industria è pronta ad accettare. Ma, avverte il mondo dello shipping, l'IMO è l'unica autorità titolata a intervenire sul tema.
Il settore marittimo e l'aviazione sono gli unici a non essere regolati dal Protocollo di Kyoto. Lo shipping produce quasi il 3% delle emissioni globali di anidride carbonica e le pressioni per una svolta verde stanno crescendo in vista del summit di Copenaghen del prossimo dicembre. I delegati, provenienti da 90 Paesi, hanno approvato una serie di misure operative e tecniche studiate per ridurre le emissioni, ma che non sono vincolanti e obbligatorie. Tra queste, una classificazione dell'efficienza energetica delle navi per garantire un basso impatto sia delle nuove unità che di quelle già in circolazione, definito energy efficiency design index. "Si tratta di linee guida volontarie e provvisorie" ha precisato una portavoce dell'Imo. Secondo Peter Lockley, responsabile della sezione trasporti del Wwf britannico, servono invece impegni vincolanti e obiettivi ben definiti per quanto riguarda la riduzione delle emissioni. "Quanto deciso non va incontro alle nostre richieste o a ciò che è necessario fare per la protezione del clima: perciò facciamo appello alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici perché definisca le regole da applicare al mondo dello shipping" ha dichiarato Lockley.
Ma secondo Peter Hinchliffe, direttore marine della International Chamber of Shipping, che rappresenta il 75% dell'industria globale, le proposte elaborate dall'Imo costituiscono un passo in avanti importante considerando anche la volontà degli armatori di renderle obbligatorie il prima possibile. "Penso che l'Imo faccia bene a mostrare una certa cautela", ha dichiarato aggiungendo di ritenere che il periodo di prova concordato "sia un modo molto ragionevole per andare avanti ". Lo scorso mese la Francia aveva chiesto che a Copenaghen si prendesse una decisione sul taglio delle emissioni delle navi, ma la proposta si era subito arenata al momento di definire le cifre.
Alcuni analisti sostengono che l'IMO sia stata lenta nel definire un meccanismo per ridurre le emissioni di CO2 a causa delle differenze tra Paese e Paese, e questo specialmente in vista del summit di Copenaghen. Ma Christian Breinholt, direttore dell'Autorità marittima danese e membro delle delegazione del paese scandinavo, ha ribadito che il design index è un passo in avanti importante. "Per alcune delegazioni sarà molto delicato e difficile applicare il protocollo prima del summit di Copenhagen" ha spiegato.
Il segretario generale IMO Efthimios Mitropoulos, d'altronde, la settimana scorsa aveva invitato i delegati a evitare la tentazione di ricercare "risultati eccessivamente ambiziosi per i quali non possiamo mantenere la parola".
Shippingonline

20 Luglio 2009 - Il trasporto marittimo produce il 2.7% di CO2
Il trasporto marittimo internazionale "contribuisce per il 2,7% sul totale delle emissioni globali di CO2".
Nei 12 anni ormai trascorsi da quando il protocollo di Kyoto è stato varato dall'Onu, l' IMO (International Maritime Organization) "non è riuscita a realizzare nemmeno una misura per la riduzione delle emissioni di gas serra" che, dal 1997 ad oggi, sono "cresciute del 100%" e attualmente "ammontano a 870 milioni di tonnellate l'anno", pari al "2,7% del totale delle emissioni globali di CO2".
A denunciarlo sono le associazioni ambientaliste Amici della Terra Italia, MareVivo e Wwf Italia che, a ridosso della riunione di Londra del MEPC59, il Comitato marittimo per la protezione dell'ambiente dell'IMO, hanno tracciato un bilancio dell'impatto delle attività che alterano il clima del settore del trasporto marittimo internazionale. Secondo gli ambientalisti, "questo settore è l'unico grande settore ad essere rimasto escluso dalle normative di controllo delle emissioni di CO2 varate dall'Unione Europea e dai principali paesi industrializzati.
Anche l'aviazione nazionale e internazionale è stata di recente inclusa nello Schema comunitario di commercio delle emissioni (Ets)". "Dal 1997, -sottolineano- le emissioni di CO2 del trasporto marittimo internazionale sono cresciute del 100% e oggi ammontano a 870 milioni di tonnellate l'anno, pari al 2,7% del totale delle emissioni globali di CO2. Ad esempio, questa cifra equivale a circa il doppio delle emissioni di CO2 della sola Italia".
Shippingonline

7 Luglio 2009 - Il futuro della costruzione navale guarda all'ambiente
Al giorno d'oggi il 90% delle merci è trasportato via mare su immensi cargo, navi condotte da motori diesel che consumano ingenti quantità di carburanti fossili, riversando nell'atmosfera annualmente tra le 600 e le 800mila tonnellate di CO2 (circa il 5% del totale globale). Il loro impatto ambientale è dunque per niente trascurabile, ma la soluzione del problema non è immediata.
La via che si sta tentando è quella di un ritorno all'energia del vento, accompagnato dallo sfruttamento di quella solare. La Solar Sailor, azienda australiana con sede a Sydney, specializzata nell' impiego di fonti rinnovabili per la mobilità sostenibile, ha disegnato e realizzato delle vele di 30 metri di lunghezza completamente coperte da pannelli fotovoltaici. Esse sono ora in fase di test su imbarcazioni di varie dimensioni. L'obiettivo è quello di creare navi cargo che possano sfruttare il vento come coadiuvante alla mobilitazione del mezzo. In pratica in presenza di vento forte la nave potrebbe essere condotta unicamente grazie alle grosse vele, se invece il vento non fosse sufficiente, interverrebbe il motore diesel (con un consumo di carburante comunque ridotto vista la "collaborazione" dell'energia eolica).
I pannelli fotovoltaici sono invece destinati a fornire energia per alimentare gli impianti di illuminazione, di riscaldamento/raffreddamento ed elettronici dell'imbarcazione. Tramite computer le vele saranno mosse automaticamente in seguito ai mutamenti del vento, in modo da essere sempre efficienti al massimo. L'adozione di una soluzione del genere su larga scala porterebbe ad un cospicuo contenimento dei consumi nonché delle emissioni di gas serra nell'atmosfera. Prima di annunciare la rivoluzione nel settore del trasporto marittimo, attendiamo però di sapere quale sia la reale efficacia di questi sistemi, ossia il risparmio che ne scaturirà. Secondo l'amministratore delegato di Solar Sailor, Robert Dane, in un prossimo futuro tutte le navi, per merci come da passeggeri, ospiteranno vele solari, ossia adotteranno un sistema di alimentazione ibrido: motore diesel/vento/sole.
Certamente il costo iniziale dell'imbarcazione è elevato, ma "una volta installate", dichiara Dane, "le vele si auto-pagano in termini di risparmio di carburante nel giro di soli 4 anni di attività regolare". A Kiel, città nel nord della Germania, è invece in atto la costruzione di un grosso catamarano privo di vele in cui gli scafi come la cabina sono completamente rivestiti di pannelli solari. L'imbarcazione, che si chiamerà Planet Solar, sarà lunga 30 metri ed equipaggiata da pannelli per un totale di 470mq. Essa nasce dall'idea di Raphael Domjan - presidente dell'omonima azienda franco-svizzera che la produce - il quale l'ha concepita con l'obiettivo di dimostrare concretamente il potenziale che le energie rinnovabili possono avere se supportate da opportune tecnologie.
Una volta costruito, il catamarano affronterà una grande impresa: il giro del pianeta muovendosi esclusivamente in virtù dell'energia solare. A pilotarla sarà lo stesso Domjan insieme ad un altro skipper, Gérard d'Aboville. Essa partirà nel 2010 dal porto di Marsiglia, in Francia, solcherà l'Atlantico e attraverserà lo stretto di Panama. Da qui proseguirà nel Pacifico costeggiando la Cina e l'India, poi risalirà per attraversare il Mar Rosso e lo stretto di Suez. Giunta nel Mediterraneo farà nuovamente rotta verso Marsiglia. Oltre 40000 kilometri da percorrere in 120 giorni (secondo quanto dichiarato dall'azienda), ad una velocità media di 10 nodi, ossia 18,5km/h. Sono previsti degli scali in alcune grandi città, come New York, Shangai, Singapore, Abu Dhabi e Monaco. Per garantire costante apporto di energia solare al motore, l'imbarcazione seguirà una rotta equatoriale (come evidente dal tragitto annunciato): ciò infatti le consentirà di sfruttare al massimo le capacità dei pannelli solari.
Ovviamente quella di Planet Solar si configura più come un'impresa dimostrativa che come un progetto da riportare identicamente nell'industria del trasporto, dati gli evidenti limiti di un motore che si alimenta solo ad energia solare ed è quindi soggetto a fattori climatici. Se il viaggio si svolgerà però con successo e nei tempi stabiliti, si offrirà comunque dimostrazione dell'efficacia della tecnologia solare impiegata anche per il trasporto navale. La speranza dell'ideatore Domjan e che una tale iniziativa stimoli investimenti nella ricerca nel settore e porti quindi a concreti cambiamenti nella concezione dei motori per imbarcazioni. Progetti che prevedono il ricorso all'energia solare, nonché un "ritorno" parziale al vento, si rintracciano anche altrove. In Giappone, per esempio, la Nippon Yusen K.K in collaborazione con la Nippon Oil Corp ha varato di recente la Auruga Leader, una nave cargo con motore ibrido diesel-solare. Secondo i dati forniti dall'azienda, però, i 320 pannelli fotovoltaici installati sono in grado di sviluppare una potenza di soli 40W, quindi possono far fronte ad appena lo 0.3% di energia richiesta dal motore e il 7% di quella sfruttata dagli impianti di bordo: il risparmio e il vantaggio ecologico non appaiono dunque esaltanti.
Dal canto suo la Francia, nei Cantieri STX a Saint-Nazaire, sta lavorando alla realizzazione di una nave da crociera definita ecologica. Eoseas, questo il nome, sarà lunga 305 metri e larga 60, ospiterà cinque ponti e sei vele, su una superficie totale di 12.440mq, e potrà trasportare 3400 passeggeri. Come la Planet Solar, Eoseas farà ricorso alla forza del vento per ridurre il consumo di carburante (si prevede che le vele possano contribuire mediamente per almeno un 10% alla propulsione del mezzo), mentre i pannelli solari su esse installati forniranno energia per l'illuminazione. Un deposito di gas naturale liquefatto (GPL) a bordo permetterà di alimentare con esso gli impianti di regolazione della temperatura. Inoltre l'iniezione di aria sotto lo scafo, a formare una sorta di cuscino, agevolerà lo scivolamento della nave sull'acqua, riducendone l'attrito del 17% e quindi comportando a sua volta un risparmio di carburante.
Infine essa impiegherà materiali riciclabili ed ecocompatibili in varie parti della struttura e immagazzinerà l'acqua piovana per riutilizzarla nel risciacquo dei ponti. In termini di gas serra, il taglio di emissioni atteso è del 50% per l'anidride carbonica e dell'80% per l'ossido di azoto. Erik Pélerin, il responsabile di Ecorizon (azienda realizzatrice di Eoseas), si dichiara entusiasta e soddisfatto dei risultati finora raggiunti: "Una serie di sfide tecnologiche sono state affrontate e vinte, a partire dalla facilità di manipolazione delle vele semi-rigide, fino alla realizzazione dell'impianto a GPL". Per vedere Eoseas solcare i mari del mondo dobbiamo però attendere ancora cinque anni. A quel punto migliaia di passeggeri potranno trascorrere le proprie vacanze su un'imbarcazione singolare e dall'impronta ecologica ridotta (rispetto a quelle attualmente in funzione).
Terranauta.it

3 Luglio 2009 - Gli USA inaspriscono le norme anti-inquinamento sulle emissioni
L'Agenzia per la protezione dell'ambiente (Epa) americana ha annunciato una strategia coordinata per ridurre le emissioni delle navi oceaniche, fissando nuove norme per le tipologie di carburanti utilizzati e per l'efficienza dei motori.
Le nuove norme riguarderanno le navi battenti bandiera americana, ma sono in armonia con gli standard internazionali al fine di giungere a nuovi accordi condivisi che portino ad una significativa riduzione delle emissioni inquinanti da traffico marittimo sull'intero pianeta.
Le emissioni dovute ai grandi motori diesel navali (in particolare di ossidi di azoto e di particolato fine) hanno pesanti conseguenze sulla qualità dell'aria di vaste aree intorno ai principali porti e sulla salute delle popolazioni che vi risiedono anche a chilometri di distanza.
Si tratta peraltro di un inquinamento che è previsto in notevole crescita, parallelamente allo sviluppo del traffico navale. Le strategie internazionali mirano a ridurre le emissioni delle grandi navi, entro il 2030, dell'80 per cento per gli ossidi di azoto e dell'85 per cento per il particolato fine rispetto alle emissioni tendenziali previste in base all'incremento del traffico navale.
Secondo l'Epa, questi obiettivi consentiranno di prevenire, al 2030, da 13 mila a 33 mila decessi l'anno causati da malattie direttamente attribuibili all'inquinamento marino, e di recuperare 1,5 milioni di giorni di lavoro perso e 10 milioni di giorni di lavoro ridotto a causa delle malattie connesse. In termini economici, i benefici che derivanti dalla riduzione dell'inquinamento marino sono valutati tra i 110 e i 280 miliardi di dollari l'anno.
Shippingonline

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